Parrocchie di via San Vitale

Plantaverunt Ecclesiam Sanguine Suo

ARTE E FEDE: l’Eucaristia nell’arte a Bologna/it

Chiesa dei Santi Vitale e Agricola in Arena

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Storia

La chiesa dei Santi Vitale e Agricola in Arena molto probabilmente non sorge sull’effettivo luogo del martirio dei protomartiri bolognesi Vitale e Agricola, ma certamente la sua fondazione è antichissima. Il titolo “in Arena” infatti fa supporre l’esistenza di un’arena di età romana, oppure semplicemente al luogo dove erano giustiziati e sepolti i condannati a morte (le interpretazioni sono diverse). Da allora la romana via Salaria assunse il nome di via San Vitale e congiunge ancor oggi Bologna a Ravenna, dove la memoria di San Vitale si confuse ben presto con l’omonimo Santo ravennate. La chiesa è a navata unica. Le origini di questa chiesa si perdono nella notte dei tempi, poco si sa dell’originale e della fondazione. Lo storico Sigonio, vissuto nel XVI secolo, scrivendo di San Teodosio, vescovo di Bologna, ricorda che nel 530 d.C. il monastero dei santi Vitale e Agricola in Arena, essendo fuori dalle mura, era esposto al furore dei barbari. Con la costruzione della seconda cinta muraria la chiesa e il monastero si trovarono al sicuro dentro la città. La chiesa dell’Vlll secolo sorse su un edificio preesistente di epoca romana, distrutto per cause sconosciute. Dopo il X secolo compaiono i primi documenti certi che ricordano la presenza di una comunità di religiose nel monastero annesso alla chiesa. Circa le dimensioni dell’edificio di culto si è ipotizzato che la larghezza corrispondesse a quella dell’attuale cripta, unico elemento superstite alle ricostruzioni successive. L’interno dell’edificio si presenta oggi con numerosi interventi avvenuti nel XlX secolo. Sulla sinistra si apre la cappella della Natività, o di Santa Maria degli Angeli, costruita nel Quattrocento ad opera di Gaspare Nadi, capomastro al servizio della famiglia Bentivoglio signori della città. Nella parete di fondo spiccano due affreschi: l’Adorazione dei pastori di Giacomo Francia e la Visitazione di Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo.

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Eucaristia e martirio

Vitale e Agricola sono i protomartiri della Chiesa bolognese: Agricola era ebreo romano e padrone di Vitale, suo schiavo. Tutti e due erano soggetti alla legislazione romana e quando nella loro vita irrompe l’annuncio del Vangelo, l’incontro con Cristo li trasforma” la fede annulla la diversa appartenenza sociale e unisce le loro vite. Vitale secondo la tradizione avrebbe subito per primo il martirio con tormenti di ogni genere inferti al fine di convincere Agricola a rinnegare la fede in Cristo. Entrambi sono stati martirizzati nel 305 d.C., durante le persecuzioni di Diocleziano. Le prime e più autorevoli fonti circa la figura di questi martiri cristiani ci arrivano da Ambrogio, vescovo di Milano, che nell’agosto del 393 giunse a Bologna. La tradizione vuole che durante il suo soggiorno a Bologna siano stati recuperati i corpi di Vitale e Agricola precedentemente sepolti in un cimitero ebraico. Diverse altre sono le fonti antiche che narrano questi fatti. Tra questi, oltre allo stesso Ambrogio, Vittricio di Rouen che cita i martiri come imitatori di Cristo e modelli di fede e di vita cristiana, Gregorio di Tours che cita alcuni miracoli avvenuti grazie alle reliquie dei Santi, Paolino di Noia e Paolino da Milano, segretario e biografo di Ambrogio. La storia dei due protomartiri rivela un aspetto profondamente umano: l’amicizia e la fraternità di un servo e di un padrone che sgorgano dalla comune fede in Gesù. Ogni martire è inserito nel sacrificio di Cristo crocifisso e, come Lui, offre la sua vita.

Nel rivivere la passione di Gesù è guidato dallo Spirito Santo ad essere saldo nella fede e a confessare Gesù come Cristo Signore. “Martire” infatti significa  “testimone”. Nutrito dall’Eucaristia, ogni cristiano è chiamato a testimoniare con tutto se stesso la propria appartenenza a Cristo.

La cripta conserva la pavimentazione originale che si trova sul piano di calpestio di epoca romana. Essa è certamente stata realizzata sui resti di una antichissima chiesetta orientata liturgicamente, cioè con l’abside centrale rivolta a oriente da dove sorge il sole, simbolo per i riusai del Cristo Salvatore. La forma della cripta è detta “ad oratorio” cioè ripropone la forma di una piccola chiesa sotterranea suddivisa in tre navate absidate. La cripta è scandita da due diversi ordini di pilastri: i più antichi sono probabilmente quelli di maggiori dimensioni e pare che i pilastrini – tutti di materiali di reimpiego – siano stati inseriti successivamente. Alla base di una delle colonne vi è un grosso blocco in arenaria, una pietra friabile e non adatta a sostenere un edificio, ma che si narra sia il luogo del martirio di questi due santi. Per questo i pellegrini la toccavano come segno di grazia. Questa pietra può essere allora interpretata come “pietra angolare”, ossia quella pietra messa “per prima” che regge tutto l’edifico materiale e, simbolicamente, la Chiesa di Bologna, rafforzata dalla testimonianza dei martiri fino al dono della vita.

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Pala d’altare

Sull’altare maggiore, racchiusa da un’imponente cornice dorata segno della gloria di Dio, vi è una grande pala che raffigura il momento culminante nel martirio di Vitale e Agricola. L’opera è stata realizzata da Luigi Busi e qui collocata nel 1874.

La superba rappresentazione avanza visivamente verso il fedele con un ardito e scenografico effetto di “sotto in su”. Nella parte bassa si trova il corpo senza vita di Vitale riverso e abbandonato sugli imponenti gradoni. A conferma del suo coraggio Agricola rifiuta di offrire l’incenso al culto pagano e ci viene mostrato in piedi vestito di un’ampia tunica rosso sangue, colore della passione e del dolore, che preannuncia simbolicamente l’imminente martirio. Il pittore lo coglie con lo sguardo rivolto verso il cielo, mentre da sinistra vediamo avanzare sulla scena la grande croce utilizzata per il suo martirio. L’intera composizione è immersa in una luce diffusa e calda che la rende ancora più viva. Significativa è la scritta che si trova sul pavimento, subito prima dei gradini dell’altare: “Plantaverunt Ecclesiam Sanguine Suo” indicando che la Chiesa di Bologna è costruita sul sangue della loro testimonianza. La loro morte testimonia la presenza viva del Signore risorto: nel confessare Cristo, il martire manifesta l’amore del Padre per gli uomini e la sua morte coinvolge la comunità nella quale e per la quale egli vive.

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